La gara di domani chiude un percorso iniziato tempo fa, proprio con Sarri. O è un taglio col passato perché diversa e superiore?
“Ci portiamo dietro una cultura di lavoro iniziata anche da altri, un modo di stare in campo che erano caratteristiche di alcuni giocatori precedenti. Sarri ha delle cose che sono simili, piace andare entrambi in tuta, a me anche quando passeggio mi piacciono le scarpette (ride, ndr), poi l’idea di voler comandare il gioco. E’ stato anche un tema nell’ultimo periodo, possesso palla o non possesso (ride, ndr). Il possesso ti fa decidere dove vuoi giocarla, poi è fondamentale saper alternare ritmi e dimensioni del possesso, ma qui poi si va in discorsi più profondi. Si dice gioco verticale… anche quello, si deve alternare perché dipende se gli altri ti vengono a prendere o meno, se vengono a prenderti la difesa deve salire… lui è stato un po’ un masaniello calcistico, si è reso capo-popolo di una rivolta del modo di vedere il calcio. Io a casa sceglievo sempre di vedere il Napoli di Sarri e lo applaudivo in piedi. Non m’importa meglio o peggio, ho preso quello che volevo prendere, quando ho potuto sono andato a vedere le partite e sui campi di Castel Volturno ancora ci sono le linee di passaggio del suo calcio. Poi non mi fregano i paragoni”.
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C’è una percezione diversa in città, più equilibrio nell’attesa? Dipende dalla maturità o dalle delusioni del passato?
“Sicuramente da una conoscenza del calcio in generale, una maturità di saper valutare le cose come funzionano nella vita. E’ fondamentale che non vadano ad aspettarci all’arrivo, ma che scendano in campo con noi ad ogni partita. Non date retta a chi vuole farci togliere le mani dal volante, farcele alzare in segno di vittoria quando abbiamo tante curve da affrontare!”.
Osimhen come altri, ha speso parole belle per lei.
“Prova ad intervistare Demme o chi gioca meno e vediamo (ride, ndr), è uno di quelli che meriterebbe di giocare per qualità, esperienza. Per me è facile lavorare con ragazzi che hanno qualità, attitudine all’ascolto, all’apprendimento perché c’è sempre la possibilità di andare avanti. Li ringrazio, ma sono sempre loro gli artefici di quello che sta succedendo. Le differenze non le so, lui sicuramente è più ordinato nel modo di stare in campo, è leggibile la sua quadratura difensiva, di contro-offensiva, pressione, la Lazio pure fa un calcio bellissimo, difendono e attaccano insieme, è un corpo unico, ce l’hanno chiusa a doppia mandata, noi ogni tanto alcuni scappano e alcuni vanno addosso, per praticità a me piace più così, a lui bisogna chiederlo a lui”.
Il manifesto di Sarri era “la grande bellezza”, il suo? Da osservatore quali sono le differenze tra i due Napoli?
“Non lo so, manco quello di Sarri perché lo sa lui. Dipende chi sei, dove vuoi andare, che calcio vuoi fare, ci sono davanti sempre delle persone. Dipende se stimola di più diamo le bastonate davanti o comandiamo lì in mezzo, secondo me è più stimolante la seconda e percorriamo ciò che ci piace. A me non piace il calcio tutti dietro davanti alla difesa, eppure l’ho fatto e ho perso spesso, quando non mi piace non la sanno fare neanche i ragazzi. Se giochi a pallone c’è sempre lo step successivo alla bellezza, a ciò che piace alla gente. Quando sono arrivato la mia battaglia era riportare gente allo stadio, fare qualcosa per creare emozione”
Sullo Scudetto: “Ognuno quando fa questo mestiere sogna il massimo, poi c’è anche altro che dà soddisfazione. Non sono tra quelli del vincere a tutti i costi e poi l’anno dopo fallire, ma mi piace collaborare con la società per fare un discorso corretto per gli obiettivi comuni”.
Con la Lazio all’andata, dopo due pareggi e andando sotto, fu un bivio?
“Secondo me invece la svolta l’hanno data le due gare precedenti, è rimasta la stessa mentalità, hanno creato disponibilità al sacrificio e poi se continui, non essendo a quel livello un giorno ti svegli, riprovi e sei a quel livello lì con la costanza. Succede sempre, altrimenti non avrebbe significato il modo di lavorare”.
Sarri parlò di uno scudetto perso in albergo per Inter-Juve il giorno prima. Gli scudetti si perdono in albergo?
“Bisognerebbe chiederlo a lui, anche se quel risultato lì ha influito sulla corsa, secondo lui molto… io prendo sempre me come obiettivo alle cose che non vanno, non altri, la stavamo vincendo, ho fatto sostituzioni che hanno determinato quella roba lì perché poi tutti vanno a finire lì, ma io le rifarei perché eravamo molto sofferenti in quel momento in 10 uomini, ma io responsabile di quello che ha fatto il Napoli mi date troppa responsabilità. Errore Orsato? Non ne parlo, io scelgo sempre me come responsabile di ciò che non è andato. Sbagliammo dei gol, potevamo avere un atteggiamento diverso, il responsabile ero io e si poteva fare quello che ha fatto il Napoli ad Empoli anche di fronte c’era la Juve, la più forte”.
C’è un pizzico di rivincita, ora lei è celebrato come maestro di calcio, anche dai tifosi interisti.
“Io non alleno per rivincite verso nessuno, io penso a far bene il mio lavoro, non devo fare altro. Sono i risultati del calcio giocato che fanno la differenza. Mi fa piacere, ora non so a quale pagina si riferisca, ma ce ne sono diverse. Anche se sono pochi… 900mila (ride, ndr). Anzi, 90mila… quando una pagina parla solo di te, commentano quello che tu dici ogni giorno è una roba che ti rende ancora più responsabile. Mi ricordano con piacere e lo stesso faccio io. Ma non c’è rivincita, io ho sempre dato il massimo, anche quando ho litigato l’ho fatto per il bene della società e della squadra, difendendo il lavoro”.
Qualcuno prova a sminuire il Napoli parlando di livello del campionato basso.
“Io non ci penso, penso ad occupare il tempo con le cose che dobbiamo fare noi, poi valuteremo le differenze con gli avversari. Per me domani è un derby del condominio di cui si parlava ad inizio anno, per guadagnarci un pianerottolo nel condominio e non ci interessa altro. Sui risultati in generale stiamo facendo cose importanti, straordinarie, e gli va detto bravi e dati i meriti. Al di là dei risultati, hanno fatto grandi partite, macinando roba, idee, responsabilità, calcio fatto bene. Non è una gara che vinci o una coppa con 3-4 partite, qui è la continuità con cui scendi in campo!”
Il +18 in classifica non lo considerate proprio oppure è uno stimolo?
“Non lo consideriamo, noi dobbiamo valutare le partite ed essere gli stessi, quello che fa la differenza, giocarle allo stesso modo, anche in 10 ad Empoli dando il rispetto all’avversario. Può succedere di tutto, basta un dettaglio per invertire tutto, funziona così. In questo campionato sono successe delle cose se si sta attenti, devi essere bravo a metterle davanti ai giocatori per avere un modo di ragionare equilibrato”.
Il distacco dalle altre fa pensare di poter aprire un ciclo?
“E’ un’osservazione interessante, sono basi buone, un gruppo forte, sano, roba fresca che può esploderti in mano e può durare negli anni. Qui la società è stata brava, Giuntoli bravissimo a sceglierli, individuarli, poi funziona così che tramite i suoi collaboratori tira fuori una serie di nomi poi c’è da vedere se la società te li compra o meno, tenendo conto le possibilità che giustamente un presidente attento ha come riferimenti. Può succedere di aprire un ciclo, ci sono ragazzi fuori che hanno giocato poco ed hanno qualità enorme e che ogni volta che ne scelgo 11 mi piange il cuore, Elmas va fatto giocare, lui non è mai venuto ma se venisse a chiedermi cosa deve fare per giocare io sarei in prigione, non saprei cosa rispondere. C’è Raspadori, il presidente ce l’ha messo a disposizione, sembrava difficile, è arrivato, è il futuro dell’Italia e non l’ho fatto giocare, c’è Gaetano, stravedo, Zerbin che ha disponibilità, Zedadka non l’avete mai visto ma mi avrebbe fatto piacere passare in Coppa per farvelo vedere, perciò mi diede fastidio, un paio di partite avrebbero influenzato il ritmo di recupero della squadra, ma potevo scegliere soltanto 15 in ritiro e lasciare a casa altri, far sentire titolari chi non giocava”.
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