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La notte del Maestro: ma dove sono gli alunni di Andrea Pirlo?

Non c’è stato il ricambio generazionale di fenomeni dopo Berlino ed è questa la vera causa del flop qualificazione a Russia 2018

Vi state  ancora chiedendo perché guardando il cielo una settimana fa non abbiate visto molte stelle? La risposta è che si trovavano tutte o quasi a San Siro per l’addio al calcio di Andrea Pirlo, forse una fra le più brillanti di sempre dell’universo calcistico internazionale. Un red carpet di superstar un po’ meno in forma e più tonde di come le ricordavate, ma ancora capaci di sprazzi di magia mood nineties/duemila.

Risultato finale un 7-7 che ha fatto urlare ancora una volta al Meazza il nome di Pippo, ora mister Inzaghi, autore di una tripletta, di Vieri, ora genuina stella dei social, Cassano e così via.

Totti, Del Piero, Ronaldo, Shevchenko, Rui Costa, Cafu, Leonardo, Serginho, Buffon, Lampard, Tevez, Seedorf solo per citarne alcuni. Ma a vederli, a fianco dell’ovvia nostalgia, si fa strada un’altra riflessione: il ricambio generazionale.

Dove sono i campioni del futuro?

La questione riguarda la nostra realtà azzurra più di altre. La miglior disamina si ritrova forse nelle stesse parole del Maestro che alla domanda “Chi potrebbe essere calcisticamente il tuo erede?” risponde con un onesto e lapidario “Nessuno”. Ed in effetti questa nuova generazione di calciatori italiani latita di fenomeni. Un vero e proprio ricambio generazionale in tal senso, per quanto riguarda l’Italia post-2006, non c è infatti mai realmente stato. Se Ronaldinho ha lasciato il posto a Neymar, Henry a Mbappe, da noi i nuovi Totti e Del Piero o, per l’appunto, i nuovi Pirlo (che è forse peraltro l’unico ad avere in Verratti un qualcuno che gli si possa avvicinare un minimo quanto ad estro) non si sono ancora visti.

Un calcio senza fantasisti

Che il motivo sia da imputare ad un presunto poco spazio ai giovani lascia il tempo che trova. Abbiamo infatti molti ottimi giocatori, alcuni anche con ruoli importanti in squadre di primo livello. Qui però parliamo di qualcosa che trascende il campo sportivo sconfinando in quello artistico. Classe, poesia, chiamatela come volete, ma è proprio questa la skill-desaparesida  dei seppur brillanti curriculum nostrani. Insomma giocatori che i ragazzini imitano nei campetti, quelli che per dirla come una volta valgono il prezzo del biglietto, o per dirla senza anacronismi, quelli che ti portano ai mondiali e magari a vincerli. Quindi Antonio Cassano da Bari vecchia, come ultimo esponente arruolabile di quell’essere fenomeni, fai un favore all’arte più che allo sport e gioca ancora qualche altra stagione.

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