Lunga intervista a Gravina sul prosieguo del calcio in Italia e oltre.
Presidente Gabriele Gravina, il calcio sta su una zattera sventrata dai colpi del coronavirus. Per non affondare deve decidere se gettare in mare gli Europei, o piuttosto il campionato e le Coppe. La scelta è già caduta sul primo?
«Lo decidiamo martedì. Ma una constatazione s’impone. L’evoluzione dell’epidemia traccia un percorso chiaro. Siamo tutti coinvolti allo stesso modo. Nessuno può più pensare che questo sia un problema italiano. Il nostro Paese è solo due settimane avanti rispetto al resto d’Europa. Tutti dobbiamo mettere prima la salute e poi far prevalere il buon senso. E il buon senso dice che difendere un solo grande evento europeo, programmato per giugno, sarebbe un errore strategico».
I club e la Lega sono tutti della stessa idea?
«Non ci sono alternative. Ce lo dicono le proiezioni dei modelli matematici sullo sviluppo del virus. L’Europeo fa da tappo allo slittamento quasi certo di molti campionati. Se non togli il tappo, la bottiglia esplode, con il rischio di perdere tutto».
Ma noi questo Europeo non lo volevamo vincere?
«Certo, ma che significa? Sono il primo a dispiacermi. Per i tifosi e per tutti i collaboratori del calcio che da mesi ci lavorano. Per la meravigliosa giornata inaugurale di Roma che salterà. Per il danno economico che deriverà al calcio, già dalla rinuncia alle due amichevoli contro Inghilterra e Germania. E per l’attesa sportiva. Potevamo giocarcela, perché veniamo da un periodo straordinario e Mancini ha lavorato benissimo».
Ne avete parlato?
«Non ancora in maniera ufficiale. Perché prima di dire che l’Europeo slitta ci vuole il sì delle altre Federazioni».
Avrà parlato con i suoi colleghi europei. C’è convergenza?
«Ho fiducia di sì. Se continuassimo a non decidere, ne avremmo un boomerang».
Ma lei è certo di poter salvare il campionato?
«Beh, io mi accontenterei di salvare la salute di tutti gli uomini di sport, anzitutto. Poi ho fiducia di salvare anche i campionati».
Giocando fino a giugno, o anche a luglio?
«Abbiamo una dead line. È il 30 giugno. Scadono contratti, assicurazioni, licenze. Finisce l’anno calcistico. Andare oltre signifi ca introdurre modifi che regolamentari del tutto eccezionali».
Quanti giorni servono per concludere i tredici turni mancanti della serie A, considerato che nello stesso periodo potrebbero esserci impegni delle italiane nelle Coppe?
«Dai 45 ai 60 giorni. In due mesi portiamo tutto a termine con certezza. Se pure iniziamo a maggio, si può fare».
Quindi lei non crede a una riapertura dopo il 3 aprile.
«Credo che aprile sarà ancora in parte un mese di sofferenza, e in parte di accompagnamento alla ripresa delle attività. Ma non ho la sfera di cristallo».
Se l’epidemia si mangia anche un po’ di maggio o tutto maggio, che si fa? Si rinuncia ad assegnare lo scudetto, o lo si regala alla Juve, grazie a un solo punto in più sulla Lazio? Come avete fatto a ipotizzare una simile idea? Fa torto alla stessa Juve e ai tifosi italiani.
«Tutti pensano che l’unico problema sia quello di assegnare lo scudetto. Ma noi dobbiamo stabilire chi va in Champions e in Europa League, chi retrocede in B, chi sale in A, chi retrocede in C e chi sale in B. Le sembra poco»?
No, ma che c’entra con lo scudetto?
«C’entra, perché in via teorica si potrebbe anche non assegnare il titolo, ma tutto il resto si deve stabilire. Rinunciare a promozioni e retrocessioni sarebbe una violazione degli interessi soggettivi di tante società».
Vuol dire che, se la classifica cristallizzata vale per le qualificazioni, dovrebbe valere anche per lo scudetto?
«Non vorrei dover rispondere a questa domanda. Perché penso che congelare una classifica sia un errore da evitare. Il valore della competizione va salvaguardato. Dobbiamo dare delle chance a chi ha investito tanto su un obiettivo sportivo. Vuol dire giocare il più possibile. Portarci avanti col campionato e finirlo, se possibile».
E se non è possibile?
«Trovare una formula che salvi la competizione».
Playoff?
«Playoff e playout».
Ma non tutti concordano.
«Mi pare normale. Chi punta a vincere o a salvarsi preferirebbe giocarle tutte. E ha ragione. Ma in questo momento nessuno ha la certezza di poter fare una cosa piuttosto che un’altra».
E allora?
«Allora ho detto a tutte le Leghe: fate le vostre proposte, discutiamo. Ma le regole vanno fi ssate subito, prima di ricominciare a giocare. E l’ultima parola spetta alla Federazione, non ad altri».
A lei?
«Al Consiglio federale. Cercando di trovare il massimo di consenso. E su questo lavoreremo».
Ivan Zazzaroni sul Corriere dello Sport-Stadio di ieri si è chiesto come si uscirà da questa odissea. Il calcio ha 4 miliardi di debito, i titoli di alcune big tracollano, l’epidemia farà la cura dimagrante ai bilanci dei club?
«Ogni terremoto ha le sue macerie, non me lo nascondo. E sono molto preoccupato. C’è una negatività finanziaria pregressa su cui si abbatte adesso questo tsunami. Non sarà facile rialzarci. Dobbiamo porci subito il problema e ribaltarlo anche sui nostri interlocutori che hanno una responsabilità politica».
Che volete dal governo?
«Sospensione e rinvio di adempimenti fiscali, rateizzazioni. E il riconoscimento di una causa di forza maggiore che consenta alle Federazioni di riconsiderare molti impegni contrattuali. Poi dobbiamo attivare meccanismi interni di autosostentamento, come un fondo tra credito sportivo e federazione. E dobbiamo valutare una tutela per i calciatori che non giocano e che rappresentano un onere pesante per le società. Penso ad ammortizzatori come la cassa integrazione speciale».